A distanza di quasi vent’anni, il delitto di Garlasco torna prepotentemente a far rumore. Chiara Poggi, la giovane trovata senza vita nella sua casa nell’agosto del 2007, sembrava aver trovato giustizia con la condanna di Alberto Stasi. E invece no. La Procura di Pavia ha riaperto i fascicoli, riesaminando vecchi reperti e orari che, a quanto pare, non combaciano più. C’è chi dice che stavolta le carte in tavola potrebbero cambiare davvero tutto.

Una ricostruzione che non regge più
Le nuove perizie, firmate da Cristina Cattaneo, raccontano un’altra storia. Secondo gli accertamenti, l’aggressione non sarebbe avvenuta in un unico momento, ma in più fasi, con una distanza di minuti tra un colpo e l’altro. Questo elemento non sarebbe da poco: spostando in avanti l’ora del delitto, rende più solido l’alibi di Stasi, che in quel lasso di tempo non poteva trovarsi nei pressi della villetta di via Pascoli. Gli esperti hanno anche rivisto la distribuzione delle macchie di sangue, scoprendo movimenti dell’assassino diversi da quanto ipotizzato in passato.

Un alibi che torna credibile
Per anni, la condanna si è retta su una finestra di ventitré minuti. Troppo poco tempo per Stasi per fare tutto: entrare, colpire, pulirsi, uscire, tornare a casa e accendere il computer. Ora, se davvero l’omicidio si è protratto più a lungo e in fasi separate, quell’orario non sta più in piedi. Le prime analisi, del resto, collocavano la morte di Chiara attorno alle 11. All’epoca quella pista fu accantonata, oggi ritorna prepotente. Se le nuove verifiche saranno confermate, potremmo trovarci davanti ad uno dei più grossi errori giudiziari della storia italiana.





