Una recente e importante sentenza del Tribunale di Pordenone , ha ribadito un principio fondamentale del diritto alla salute in Italia.
Quando le prestazioni socio-assistenziali fornite nelle Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA) sono indivisibili da quelle sanitarie.

La pronuncia sottolinea che l’intero costo del ricovero deve gravare sul Servizio Sanitario Regionale (SSR) o Nazionale (SSN), escludendo l’obbligo di pagamento della retta da parte dei familiari. La sentenza si inserisce in un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato dalla Cassazione, confermandone l’applicazione anche in territori dotati di una speciale autonomia statutaria, come per esempio quelle a statuto speciale.
Tutto nasce da una controversia che ha avuto origine dal ricovero di una signora anziana, affetta da morbo di Alzheimer e altre gravi patologie, in una Casa di Riposo. Per la paziente era necessario un piano terapeutico altamente personalizzato, richiedendo una costante integrazione di cure mediche, infermieristiche e assistenziali. A fronte della richiesta di pagamento di oltre 52.000 euro da parte della struttura, la figlia, in qualità di amministratrice di sostegno, ha interrotto i pagamenti, sostenendo la totale competenza del Servizio Sanitario.
Pagare una Rsa solo perché si abita qui? Il tribunale non ci sta
Il Tribunale ha ricostruito il quadro normativo, richiamando il D.Lgs. n. 502/1992, art. 3 septies, che definisce le prestazioni socio-sanitarie come attività volte a soddisfare bisogni della salute che richiedono unitariamente prestazioni sanitarie e azioni di protezione sociale.

La pronuncia chiave non stabilisce l’equazione automatica tra Alzheimer e servizio gratuito ma pone l’accento su specifici elementi che devono essere verificati caso per caso ad iniziare dalla necessità di un trattamento terapeutico personalizzato fino alla comprovata inscindibilità tra l’assistenza sanitaria e quella prettamente assistenziale.
Il Tribunale ha fatto propri i principi affermati dalla Suprema Corte. L’elemento discriminante non è la prevalenza quantitativa delle prestazioni sanitarie, ma la loro impossibilità di essere eseguite separatamente dall’attività socio-assistenziale. Come precisato dalla Cassazione (richiamata anche in un giudizio che riguardava proprio la Regione a Statuto Speciale interessata), quando non è possibile discernere il rispettivo onere economico, prevale in ogni caso la natura sanitaria del servizio. Nel caso specifico, parliamo del Friuli, l’individuazione di un trattamento terapeutico personalizzato e costante è stata la chiave fondamentale per ritenere le cure inscindibilmente connesse. L’assistenza sanitaria articolata della paziente, che includeva frequenti interventi medici, adattamenti terapeutici e supporto specialistico nella quotidianità, ha confermato la nullità di ogni accordo che prevedeva il pagamento di una retta da parte dei familiari.
L’importanza di questa decisione è amplificata dal fatto che essa conferma l’applicazione uniforme dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) su tutto il territorio nazionale, indipendentemente dallo statuto speciale di alcune Regioni.